giovedì, aprile 05, 2007

Aerodinamica per la nuova stagione

Capita nella vita che un fatto singolo produca un improvviso lampo di comprensione di ciò che già sta sotto i nostri occhi. Nel teatro lo chiamano "agnizione". A me è capitato alla fine dello scorso mese di dicembre, quando uscì su "R/C Soaring Digest" un articolo che descriveva uno studio teorico dell'ottimizzazione dell'Ellipse 4 nei diversi task della categoria F3B. Grazie ad un semplice modello matematico, l'autore John Skinner studiava l'andamento della velocità di discesa e del rapporto di planata al variare della velocità all'aria del modello e della curvatura imposta dai flap al profilo alare, trovando le deflessioni dei flap ottimali per ciascun tipo di task e per la fase di traino.
Già durante la lettura dell'articolo sono stato intrigato dall'idea di applicare lo stesso metodo al mio Stork; proprio in quel periodo mi stavo infatti cimentando con il compito di determinare, per via empirica e grazie al LoLo, la curvatura necessaria a migliorare la salita sotto traino del mio modello. Man mano che andavo avanti nella lettura mi rendevo conto di come un veleggiatore multi-task potesse e dovesse essere regolato in modi diversi a seconda di quello che si vuole ottenere, e di come questo valesse anche per la formula F3J che, pur prevedendo un solo task, richiede ugualmente di volare con diversi assetti a seconda che si sia sotto traino, alla ricerca di una termica, oppure in termica. E mi rendevo conto (ecco l'agnizione) di come si trattasse della sistematizzazione di cose che già sapevo, ma che fino a quel momento erano rimaste nozioni slegate.
Nel giro di una sera ed una mattinata di ferie avevo già tradotto il metodo di calcolo di Skinner in un foglio di calcolo applicato alle misure e caratteristiche dello Stork II Pro. Usando XFoil come galleria del vento virtuale per trovare il Cd del profilo corrispondente a diversi Cl di lavoro necessari per tenere in volo il modello a diverse velocità (e quindi Re), ho calcolato ed aggiunto il contributo della resistenza indotta e di quella parassita, e sono arrivato a costruire la "polare di velocità" del modello, vale a dire la curva che esprime il rapporto tra velocità di avanzamento nell'aria e velocità di discesa, o per meglio dire una famiglia di curve corrispondenti a diverse curvature del prodotte imposte dai flap.
Questo primo risultato mi ha fornito gli elementi per un primo passo nella comprensione delle caratteristiche di volo dello Stork. Per cominciare, ho visto che anche per il modello (come in un aliante vero) la polare di velocità ha una forma a campana, con una velocità di discesa minima corrispondente ad una certa velocità all'aria: ogni velocità al'aria superiore o inferiore a questa produce un (indesiderabile) aumento della velocità di discesa. Inoltre, ho capito che l'uso dei flap non produce di per sé stesso una grande differenza nella velocità di discesa, ma sposta in senso orizzontalea la polare permettendo di raggiungere la minima discesa volando più o meno veloci. Infine, ho osservato che all'aumentare della curvatura data dai flap corrisponde anche un "restringimento" della curva polare, tale per cui uno scostamento dalla velocità all'aria ottimale produce subito un notevole aumento della velocità di caduta.
Dopo queste osservazioni, mi si è ovviamente presentato il problema di come applicare queste conclusioni al modello per ottimizzarne il comportamento. Tenendo presente non disponevo (né dispongo) di un sensore imbarcato per la velocità all'aria, ma solo di un logger di altitudine, ho deciso di concentrarmi prima sulle ottimizzazioni che meno dipendevano dalla corretta velocità all'aria. Ho così subito bandito l'uso eccessivo dei flap che ero solito fare (circa 5 gradi in positivo durante la fase di termica), perché avrebbe ristretto a tal punto la polare da rendere molto critico il mantenimento della giusta velocità all'aria. Ho preferito costruire una fase di volo da termica con soli 2° in positivo lungo tutto il bordo di uscita (solo 2 mm e mezzo alla radice!) che mi avrebbe permesso un tasso di caduta minimo teorico di poco inferiore a 30 cm/s a una velocità adeguatamente bassa (circa 8 m/s).
Lo studio delle polari di velocità mi ha permesso anche di individuare che per una fase di volo "normale", mirata al conseguimento del migliore rapporto di planata, l'ideale è mantenere il profilo a zero e cercare di volare a non più di 10 m/s. Se è necessario volare più veloci (per uscire dalla discendenza o per penetrare nel vento) conviene invece alzare il bordo d'uscita di uno o due gradi, non di più perché oltre non c'è più alcun guadagno.
Ho fatto il primo volo con queste regolazioni nei primi giorni del mese di gennaio, e grazie a un aiutante ho misurato sia la velocità orizzontale (al suolo, ma non c'era vento apprezzabile) sia quella di caduta nella fase "da termica". Entrambe le componenti sono risultate superiori alle attese: il modello volava troppo veloce e di conseguenza in una parte di polare non favorevole. Mmmmmmh....

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