domenica, settembre 24, 2006

Cura dimagrante al litio

Durante il mio viaggio negli Stati Uniti ho visitato diversi "hobby shop", trovando tutto sommato la stessa merce reperibile anche da noi e a prezzi confrontabili con i nostri. Tra i pochi acquisti che ho fatto c'è un pacco di due celle ai polimeri di litio, della Thunder Power, da 2100 mAh con capacità di scarica di 31 A continui e 50 A di picco. Destinatario di questo pacco è il mio aliante elettrico da 2 metri, il Falcon, con il quale mi piacerebbe partecipare alla gara di Autonomy per modelli elettrici che si svolgerà il 22 ottobre al campo di Tetti Neirotti.
Questa nuova batteria mi ha permesso di risparmiare oltre 200 grammi rispetto al vecchio pacco di 8 celle NiCd; alla prova sul campo, oggi pomeriggio, la salita è risultata meno ripida e l'accelerazione più lenta (sono 7,4V anziché 9,6V) ma il consumo è molto ragionevole (circa 20A) e soprattutto ora il Falcon scova molto bene le termiche e le tiene con facilità, anche se deboli. Con una sola salita ho volato oltre 25 minuti e sono sceso perché mi ero stufato, e oggi è stata una giornata grigia e uggiosa con pochissimo movimento termico!
Oggi ho anche perfezionato la messa a punto dello Stork da F3J. Dopo avere arretrato il baricentro a circa 118 mm dal b.d.e. (come rilevato sui modelli dei Truffo) ho guadagnato circa 50 grammi di peso, ma soprattutto le reazioni del modello ora sono molto più confacenti al mio modo di pilotare. Ho anche sostituito il pacco di 4 celle NiCd da 1600 mAh con un pacco di 5 celle NiMH da 2500 mAh per guadagnare in velocità dei servi e autonomia. La messa a punto mi sembra molto migliorata, peccato solo che forse dovrò rinunciare alla gara di Rieti di domenica prossima per problemi di famiglia.

domenica, settembre 10, 2006

Lungo volo per il Gabbiano

O almeno per un "pezzo". Sono infatti appena arrivato a Santa Clara in California, dopo un voletto di circa 10000 km. Sono qui per lavoro, ma agli impegni di lavoro aggiungerò qualche giorno di vacanza con amici. Per un paio di week-end, quindi, niente stick sotto i pollici per Franz.

lunedì, settembre 04, 2006

L’Aliante

E'vero, da un po' di tempo a questa parte per quel poco tempo libero che ho, (paradossalmente) gli "stick" che manovro sono quelli di aerei o meglio Alianti reali. Sono venuto a conoscenza di un brano che ritengo "affascinante" e per certi versi condivide le sensazioni di noi aeromodellisti di Alianti; magari alcuni di voi lo conosceranno per chi invece è alla sua prima lettura mi faccia sapere. Il brano è di Evandro A. Detti. Buona lettura.

L'aliante è una macchina davvero molto strana. Tutti credono di conoscerla, ma in realtà sono pochi quelli che la conoscono davvero. E sono pochissimi a sapere come vola. Il problema sta nel fatto che l'umanità tende sempre a generalizzare, a racchiudere dentro schemi. Provate a chiedere cos'è un aliante e ne scoprirete delle belle. Molti vi descriveranno un deltaplano, altri vi parleranno di quegli aeroplanini di carta che facevamo da bambini. E che molti di noi, me compreso, fanno ancora da adulti. Oggi, grazie alla pubblicità, tanta gente risponderebbe in modo corretto, per aver visto lo spot di un noto amaro. L'aliante in questione è proprio quello che ho utilizzato per anni per fare scuola di volo a Lucca, Tassignano. Ma anche così, in realtà, sono pochi ad aver visto da vicino un club di volo a vela, ad aver toccato quelle macchine meravigliose dalle lunghe ali.Inoltre, esistono tanti tipi di alianti e non sono certo tutti uguali. Nei paesi scandinavi c'è la neve. Tanta. Per tanti mesi dell'anno. Gli abitanti non dicono semplicemente "neve" come facciamo noi. Hanno una dozzina di termini diversi per designare altrettanti tipi di neve. Allo stesso modo, non si può dire semplicemente "uccelli" per designare un animale che vola o che ha le ali. Ciò che la gente non sa, neanche coloro che si dedicano con passione all'osservazione degli uccelli, è che esistono due grandi categorie di uccelli: quelli veleggiatori e quelli non veleggiatori. Che significa?
Per semplificare il concetto al massimo, diciamo che gli uccelli non veleggiatori volano battendo sempre le ali, tranne quando planano per atterrare. Gli altri battono le ali occasionalmente, ma di solito volano ad ali spiegate, ferme, sfruttando le correnti ascendenti dell'atmosfera. Si fa presto a dire aria. Si fa presto a dire vento. Noi diciamo "neve" e non sappiamo riconoscerne la dozzina di tipi diversi. Così diciamo "aria" e non ne riconosciamo le decine di caratteristiche diverse. Del vento sappiamo che è aria in movimento orizzontale. Tutto qui. Ma dovremmo avere una trentina di termini diversi per l'aria. E il vento non è sempre orizzontale, anzi. Spesso è obliquo e impatta la superficie delle acque, del mare o dei laghi, generando le onde. Se il vento scorresse parallelo alla superficie del mare, le onde non ci sarebbero.A volte il vento è verticale. Spesso scende dritto dall'alto verso la terra, ma altre volte sale dalla terra surriscaldata dal sole e si spinge a quote alte, dove l'umidità contenuta al suo interno si condensa e diventa una nube. Allora gli uccelli veleggiatori volano al suo interno ad ali ferme e si fanno portare in alto senza sforzo.La papera non veleggia. Tranne che per brevissimi tratti, quasi per caso. Il gabbiano veleggia quasi sempre e così il condor, la poiana, il falco, il rondone, l'aquila... il passero, il piccione, il merlo non veleggiano. Pur essendo formidabili volatori. Non conoscono le decine di termini diversi per designare i diversi tipi di aria e di vento. Il pilota di aereo o di elicottero, neppure loro conoscono quei tipi e quei termini. Difatti non veleggiano. Il pilota di aliante è un veleggiatore puro. Se il pilota di aereo guarda verso l'alto, verso le cime dei monti, verso le nubi, vede aria. L'aliantista vede un gran numero di cose diverse. Vede la dinamica tutta dell'atmosfera, vede i raggi del sole impattare la superficie secondo angoli diversi a seconda dell'orografia del terreno, vede le rocce scaldarsi di più dei boschi, vede l'aria a contatto delle rocce riscaldarsi e dilatarsi per poi iniziare a salire. Vede l'aria calda andare su, quella fresca scorrere a prendere il posto di quella che se ne è andata e scaldarsi a sua volta e poi salire. Vede gli sbuffetti di condensazione apparire e sparire qua e là nel cielo, ad indicare il punto dove il vento ascendente ha portato la propria umidità. Vede i costoni sopravento e sottovento, vede i punti dove poter salire ad ali tese e la strada nel cielo, da un cumulo all'altro, da seguire. Vede anche le aree da evitare, dove sa che il vento verticale, in quei luoghi, sarebbe discendente. Il pilota di aliante, chiamato anche volovelista, conosce l'aria come lo scandinavo conosce la neve. Tanti tipi diversi. Tanti termini. Ho osservato le persone in visita nei vari club di volo a vela. Nel guardare da vicino un aliante rimangono stupiti. Molti lo trovano una macchina fragile, per via delle lunghe ali, goffa e poco maneggevole, perché ci vedono spostarlo a terra con una certa difficoltà. Alcuni lo trovano anche scomodo e stretto, da claustrofobia e si chiedono come si fa a volare dentro quel "coso".Il paragone con l'aereo è inevitabile. L'aereo è lì, magari il nostro Robin da traino, tozzo e robusto, con le ali corte e forti, ampio, comodo e soprattutto, dotato di motore, simbolo di affidabilità e sicurezza. La gente vede la neve, ma non ne riconosce la dozzina di tipi diversi. Il traino si allinea, viene agganciato il cavo, tutto motore e si va, le due macchine in fila verso il cielo. Subito dopo la partenza, l'aliante si stacca leggero e si mette a pochi metri da terra, in attesa che anche l'aereo venga su. Poi lo segue con assoluta precisione, rivelando una maneggevolezza estrema. Dei due, il più penalizzato è l'aereo. Ad appena cinquanta metri da terra, se il motore del traino si fermasse, in nessun modo potrebbe riatterrare in pista. L'aliante sì, senza problemi. Potrebbe fare una virata perfetta di centottanta gradi e tornare al suolo in contropista, mentre l'aereo va a cercare fortuna nei campi vicini. Il traino ha circa quattro ore di autonomia, con la benzina contenuta nei suoi serbatoi. L'aliante non ha limiti di autonomia. La sua benzina sono le correnti ascensionali. Il traino può salire poco oltre i quattromila metri. L'aliante potrebbe anche superare i diciassettemila. E la robustezza? Un aliante di categoria normale è robusto quanto un aereo di categoria acrobatica. Il nostro aliante acrobatico ha una robustezza più che doppia rispetto al Robin da traino. A dispetto delle sue lunghe ali, dieci metri l'una, le cui punte potrebbero quasi toccarsi prima di rompersi.
Il pilota di aereo teme la piantata di motore. L'aliantista no, lui vola sempre senza motore. Il pilota di aereo teme l'incendio. L'aliantista non porta in giro nessun serbatoio di benzina. Nella sua macchina fortissima, che non cade e non si rompe, il volovelista sale con le correnti, osservando il cielo più che la terra, senza rumore, senza paura. Ha tutto, anche il paracadute come estrema risorsa. Guadagna quota, preziosa energia da spendere per fare strada, verso altre ascendenze, altra quota e altra strada. Il suo pilotaggio è praticamente perfetto. Visto di fronte è un punto con due linee, le ali. La pulizia delle sue manovre non è valutata attraverso il rozzo viro-sbandometro dell'aereo, ma attraverso un filo di lana attaccato sopra la capottina trasparente. Un filo che deve rimanere sempre allineato all'asse longitudinale della macchina, a pena di un terribile scadimento delle prestazioni aerodinamiche della macchina. L'aliantista non vola mai basso. Motivo per cui l'aliante è meno visibile dell'aereo. A mille piedi, quota che gli aerei mantengono ordinariamente per lunghi tragitti, l'aliante è prossimo all'atterraggio. E alle alte quote, sopra le montagne, sopra le pianure, sotto i cumuli, vola in silenzio, in compagnia, a volte, di altri esseri che, come lui, vedono ben di più che della semplice "aria" intorno a loro: gli uccelli veleggiatori. I quali non si spaventano nel vedere l'aliante. Girano insieme nella termica, senza timore alcuno, anche per parecchio tempo, almeno quanto basta all'uccello veleggiatore, vero padrone degli spazi aerei, per guadagnare quota più in fretta, diventare un puntino, confondersi con il cielo e scomparire. Un aliante ha di solito un'efficienza di circa trentotto. Vale a dire che da mille metri potrebbe percorrere trentotto chilometri, in aria calma, prima di toccare terra. La tecnologia odierna è in grado di fornire macchine con efficienza sessanta, ma presto si raggiungerà quella di cento. Ho detto in aria calma, ma l'aria, abbiamo visto, non è mai calma e contiene sempre, qua e là, le ascendenze che ci permettono di riguadagnare la quota persa in un trasferimento.
Per cui, quando infine decide di scendere, il volovelista deve azionare dei dispositivi chiamati "diruttori di portanza". Sono due "palette" che escono dalle ali per un certo tratto e oppongono al vento relativo la loro superficie. Non sono aerofreni, non servono a frenare, ma propriamente a rompere la forza di portanza di quel tratto di ali, come se le tagliassero letteralmente, accorciandole, riducendone drasticamente l'enorme efficienza, facendo sì che il peso riesca infine a riportare giù una macchina che per sua natura, altrimenti, non scenderebbe più a terra.

domenica, settembre 03, 2006

Tuttala al Faiallo

Sabato l'amico Roberto Boffelli di www.tuttala.it ha visitato il pendio del Faiallo che da tempo gli decantavo. Le condizioni meteo, come è abitudine da qualche tempo, hanno smentito le previsioni regalandoci un mattino con cielo sereno e grande trasparenza dell'aria, che ci ha resi euforici e fiduciosi circa la buona riuscita della "spedizione" sin dal nostro incontro sull'autostrada A26.
Roberto e suo figlio Miky hanno portato con sé il Blade 1.9, il Blade 1.5 elettrico oltre a due tuttala, uno di tipo "Zagi" e uno di tipo "plank" con ala in EPP e bulbo in vetroresina. Io avevo Fredy, Blade 1.9, Blade 3.2. Saliti sul punto di lancio ho portato in volo il Roby e Miky al FaialloFredy per far vedere a Roberto il circuito-tipo, il circuito di atterraggio e un assaggio di DS per fargli venire l'acquolina in bocca. Roberto ha dapprima assaggiato l'aria con il plank, che si è dimostrato ben centrato e reattivo, poi mi ha passato la radio per farmi sperientare il dynamic soaring. I primi circuiti non sono "entrati" perché il modello non manteneva abbastanza l'energia, ma una volta capiti i limiti dell'inviluppo sono riuscito a fare i soliti loop in DS mantenendomi molto rasente al pendio: il tuttala accelera, certo non come un modello tuttofibra, e soprattutto mi è sembrato molto stabile e controllabile durante il volo, dandomi abbastanza sicurezza da passare a una manciata di centimetri dai cespugli. Anziché il solito fischio acuto il modello emette, durante l'accelerazione, un fruscio cupo assolutamente inconsueto e che ci ha molto colpito.
Roberto è poi passato a lanciare il Blade, di cui aveva da poco spessorato l'ala per ridurre il diedro longitudinale secondo le indicazioni di un amico. Purtroppo Roberto ha lanciato "in buca", ed è stato costretto a volare combattendo contro la discendenza e senza realmente riuscire a valutare l'esito della modifica. La presenza della "buca" è stata confermata anche da me: uscendo con il mio Blade ho trovato le stesse condizioni deludenti. Per fortuna Roberto è riuscito a trovare aria buona nel prosieguo della giornata e ha così potuto collaudare a dovere la modifica.
Il tuttala plank è comunque stata la vedette della giornata. In particolare in DS, in cui invece i miei Fredy e Blade hanno un po' deluso per via della forte turbolenza e dei rotori che mi hanno addirittura messo in volo rovescio il Blade durante un passaggio troppo alto. Il plank sembra risentirne molto meno, merito anche della traiettoria di volo che deve essere più bassa per rendere bene. Anche Roberto ha provato ed è riuscito a concatenare tre bei loop: il Dark Side ha trovato un nuovo adepto, spero...
I voli sono proseguiti fino verso le 16, prima che la quota di condensazione scendesse al punto da lasciarci in nuvola. Non ci è rimasto da fare altro che verificare direttamente con i nostri occhi l'ampiezza della zona di separazione e soprattutto la turbolenza dello strato limite e la violenza dei rotori, ma tanto per Roberto e Miky era già ora di cominciare il viaggio di ritorno a casa, quindi non è stata una delusione troppo grande. Alla prossima!